Con la sentenza n. 1 del 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-ter del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, sollevata dal G.i.p. di Tivoli in ragione dell’asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.
Nello specifico, la magistratura remittente sospettava che la norma oggetto potesse considerarsi lesiva dei principi di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dall’art. 3 Cost., in quanto, per come interpretata dalla Corte di Cassazione, darebbe luogo ad un automatismo legislativo idoneo a riconoscere anche a soggetti abbienti il diritto ad accedere al gratuito patrocinio disciplinato dall’art 24 comma 3 Cost.
Con la pronuncia in esame il Giudice delle Leggi ha ritenuto che la competenza a decidere a chi spetti l’ammissione al gratuito patrocinio è attribuita in primis alla legge, la quale può essere sindacata solo laddove non corrispondente ai canoni di ragionevolezza imposti dalla Costituzione.
Nel caso di specie, la scelta legislativa di ammettere al patrocinio a spese dello Stato la donna vittima del reato di cui all’art. 609-bis c.p. (violenza sessuale), a prescindere da limiti di reddito, non risultava essere in contrasto con la Costituzione, dal momento che la ratio della norma è quella di «offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità. Valutazione che appare del tutto ragionevole e frutto di un non arbitrario esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore».