Nella pronuncia in esame si chiede alla Corte di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale parziale dell’art. 521 cpp, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione. Il rimettente aveva invitato le parti a valutare un’eventuale riqualificazione giuridica del reato contestato (atti persecutori aggravato – art- 612 bis co. 2 cp) nell’ipotesi incriminatrice di cui all’art. 572 cp, ciò in ragione della sussistenza di una relazione affettiva stabile nella quale si inseriscono i fatti contestati.
La Corte ritiene che il divieto di analogia in malam parte imponga di “chiarire se davvero possa sostenersi che la sussistenza di una relazione, come quella che risulta intercorsa tra imputato e persona offesa nel processo a quo, consenta di qualificare quest’ultima come persona (già) appartenente alla medesima “famiglia” dell’imputato; o se, in alternativa, un rapporto affettivo dipanatosi nell’arco di qualche mese e caratterizzato da permanenze non continuative di un partner nell’abitazionedell’altro possa già considerarsi, alla stregua dell’ordinario significato di questa espressione, come una ipotesi di “convivenza””.
Ciò appare necessario in quanto occorre considerare se l’interpretazione teleologica proposta dell’art. 572 cp –sia compatibile con il significato letterale dei requisiti che circoscrivono le relazioni all’interno delle quali le condotte risultano penalmente rilevanti ex art 572 cp.
Ritiene la Corte che in mancanza di tale dimostrazione l’applicazione dell’art 572 cp può apparire come frutto di interpretazione analogica in malam partem, preclusa dall’art. 25 co. 2 Cost., ed il mancato confronto con le implicazioni di tale divieto determina un difetto di motivazione in punto di rilevanza che comporta l’inammissibilità della questione.
La descrizione è stata redatta dalla studentessa Alice Paina.