Con la presente pronuncia la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 10, primo comma e 22, primo comma della legge 10 agosto 1950, n. 648 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra); artt. 9, primo comma e 11, primo comma della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra); artt. 1, primo comma, 8, primo comma, 11, primo comma e 83 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), per contrasto con gli artt. 2 e 3 Cost., nella parte in cui non prevedono il risarcimento del danno morale nei confronti di cittadini vittime di violenza carnale in occasione di operazioni belliche.
Nello specifico, la Corte ha ritenuto che «[e]ssendo la sessualità uno degli essenziali modi di espressione della persona umana, il diritto di disporne liberamente è senza dubbio un diritto soggettivo assoluto, che va ricompreso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana che l’art. 2 Cost. impone di garantire.». Di conseguenza «la indennizzabilità non può essere limitata alle conseguenze della violazione incidenti sull’attitudine a produrre reddito ma deve comprendere anche gli effetti della lesione al diritto, considerato come posizione soggettiva autonoma, indipendentemente da ogni altra circostanza e conseguenza».