Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto avverso la precedente pronuncia della Corte d’appello di Roma, la quale aveva confermato la responsabilità penale dell’imputato per il reato di violenza sessuale commesso in danno della convivente more uxorio e dei connessi reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate.
La Corte di legittimità, tra gli altri, rigetta il motivo di ricorso che fa riferimento alla “scriminante culturale” affermando che invocare tale scriminante «attribuendo rilievo alle “differenze culturali e religiose dell’imputato” è in fatto, ancor prima che in diritto, incomprensibile»
Viene inoltre richiamato un consolidato orientamento della Corte che esclude che il fattore culturale possa avere una qualche considerazione dirimente in materia di reati contro la persona, soprattutto quando i valori, usi e costumi richiamati risultino contrastanti con l’ordinamento interno.
La descrizione è stata redatta dalla studentessa Federica Fumagalli.