Di matrimoni forzati e precoci se ne sente parlare poco, ancora troppo poco, eppure esistono.
La legge n. 69 del 2019, c.d. codice rosso ha, finalmente, introdotto nel 2019 per la prima volta una fattispecie incriminatrice che punisce chi costringe altro o altra a contrarre un matrimonio o un’unione civile senza il proprio consenso e chi induce un individuo, spesso un o una minore, a recarsi in un Paese straniero allo scopo di concludere un matrimonio o un’unione civile forzata (si veda l’articolo 7 della legge, rubricato “Introduzione dell’art. 558-bis del codice penale in materia di costrizione o induzione al matrimonio”).
L’Italia ha, così, dato seguito alle indicazioni della Convenzione di Istanbul che espressamente include i matrimoni forzati e precoci nel novero delle forme di violenza contro le donne e le bambine (si veda l’articolo 37).
Importante anche aggiungere che i matrimoni forzati sono ormai equiparati alle c.d. forme contemporanee di schiavitu che i dati più recenti attestano interessare per oltre il 70% donne e bambine (Fonte: Rapporto “Global Estimates of Modern Slavery: forced labour and forced marriage”, pubblicato il 19 settembre 2017).
È in questo contesto che si inserisce la notizia riportata nella giornata di ieri dalla stampa nazionale di Saman, una giovane donna di 18 anni scomparsa in circostanze sospette dopo essersi opposta ad un matrimonio combinato dai propri genitori ed in assenza del suo consenso. Un matrimonio, quindi, forzato e precoce perché concluso in assenza di consenso e con protagonista una donna di età inferiore alla età legale per contrarre matrimonio.
Saman si era rivolta, quando ancora minorenne, ai servizi sociali che avevano sporto denuncia nei confronti dei genitori di origini pakistane, tornati nel Paese d’origine da qualche settimana pressoché in concomitanza con la scomparsa di Saman.
In attesa dei prossimi sviluppi della triste vicenda, la storia di Saman ci riporta e testimonia ancora una volta di quanto lunga sia ancora la strada per assicurare una tutela effettiva alle donne e, in particolare, alle bambine e alle adolescenti vittime di tante condotte oggetto di attenzione da parte del diritto internazionale dei diritti umani e di quello nazionale, ma ancora troppo poco conosciute e scandagliate in tutte le loro più dolorose implicazioni e conseguenze sul corpo e sulla vita di queste giovani donne e bambine.
Per un più ampio approfondimento sul tema, si rinvia al contributo scientifico della dott.ssa Costanza Nardocci, pubblicato nella sezione “Commenti”.