«[I]n tema di atti persecutori, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 612-bis, comma secondo, cod. pen. per “relazione affettiva” non s’intende necessariamente la sola stabile condivisione della vita comune, ma anche il legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11920 del 09/01/2018). In altri termini, può parlarsi di “relazione affettiva” quando il soggetto attivo possieda o abbia posseduto determinate qualità soggettive che, indipendentemente sia dalla convivenza con la vittima, sia dalla stabilità e/o durata della “relazione”, facilitino il delitto consentendo all’agente lo sfruttamento del rapporto di fiducia della vittima nei suoi confronti e l’accesso violento o abusivo nella sfera più intima di quest’ultima “(Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 42424 del 06/02/2018)».
Nonostante la nozione di “relazione affettiva” non sia da circoscrivere ai soli rapporti sentimentali stabili, la Corte d’Appello di Taranto non riconosce l’aggravante in caso di uno “stabile rapporto di amicizia”. Per tale motivo, la Corte d’Appello riforma parzialmente la pronuncia di primo grado, in cui, al contrario, era stata ritenuta sussistente l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 612-bis c.p. (atti persecutori).