Veniva proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari che confermava la condanna di S.R. alla pena di un anno di reclusione per il reato di atti persecutori ai danni di M.S., sua ex compagna con la quale aveva avuto un figlio.
Tra i motivi del ricorso, rientrava anche l’assenza di intenzione da parte del ricorrente di perseguitare l’ex compagna. I suoi comportamenti sarebbero stati dettati piuttosto dalla necessità di esercitare la potestà genitoriale sul figlio in quanto la donna avrebbe impedito le visite padre-minore.
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la condanna di S.R. per il delitto di atti persecutori, avendo molestato M.S. in maniera ossessiva mediante appostamenti presso la sua abitazione e presso il suo luogo di lavoro, cui seguivano continue aggressioni verbali al suo indirizzo e insistente suonare al citofono di casa di costei, nonché costanti molestie e minacce attraverso telefonate e tentativi di contatti fisici.
La descrizione è stata redatta dalla studentessa Alessandra Ursitti.