Cass. pen., sez. III, 19/01/2018, n. 23530

«[Q]uanto alla sussistenza del reato di atti persecutori, […], la prova dell’evento del delitto, in riferimento alla determinazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata a elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in relazione alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata».

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