Con la presente sentenza la Suprema Corte avalla la consolidata interpretazione secondo la quale la violenza sessuale nei confronti del coniuge integra il reato di cui all’articolo 609-bis c.p. (violenza sessuale), e non il diverso reato di maltrattamenti contro familiari e conviventi disciplinato dall’articolo 572 c.p.
Nello specifico, la Corte ha ritenuto che una tale interpretazione rappresenti «un assunto puntualmente smentito dalla nota e consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale ha più volte evidenziato che, alla luce dell’art. 143 c.c., in materia di diritti e doveri dei coniugi, non sussiste alcun diritto del coniuge al compimento di atti sessuali come sfogo dell’istinto sessuale anche contro la volontà dell’altro coniuge; con la conseguenza che i rapporti sessuali posti in essere con violenza e minaccia configurano pienamente il reato di violenza sessuale».
Si precisa, inoltre, che, il caso di specie presenta elementi rilevanti anche in merito al profilo della violenza economica, stante che il condannato aveva privato la compagna dell’utilizzo del bancomat e di altre disponibilità economiche della famiglia.