La Suprema Corte ha riconosciuto che gli ovociti godono dello status di “cosa mobile”, al termine del processo di asportazione dal corpo della donna. Così permettendo di configurare il delitto di rapina, e non quello di violenza privata, nell’ipotesi in cui l’imputato, dopo una prima condotta violenta, si adoperi per sottrarre ed impossessarsi degli ovociti della vittima al fine di procurarsi un profitto ingiusto.
La ben nota vicenda ha visto imputato un noto medico italiano, accusato di aver anestetizzato un’infermiera contro la sua volontà, al fine di asportarle sei ovuli e di impiantarli nell’utero di una paziente della propria clinica privata, così ricavandone un ingiusto profitto. In senso contrario, si v. Cass. pen., sez. fer., 17/08/2016, n. 39541.