Se la ratifica della Convenzione di Istanbul da parte dell’Unione europea aveva rappresentato un importante rafforzamento dei diritti alla libertà e alla sicurezza per donne e bambine, differente è invece la sensazione scaturita dall’approvazione di emendamenti alla proposta di Direttiva per il contrasto alla violenza di genere, avvenuta lo scorso 6 febbraio 2023.
La Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea aveva infatti proposto alcune modifiche da apportare alla Direttiva UE, tra le quali, la eliminazione della previsione normativa dettata ai sensi dell’art. 5 in tema di stupro.
La norma, qualificando lo stupro in relazione all’assenza di consenso della vittima, introduceva l’importante definizione di stupro come di “sesso non consensuale”, elevando il consenso ad elemento cardine della fattispecie.
Le motivazioni alla base della proposta di stralcio della norma possono sintetizzarsi, da un lato, nella volontà da parte delle istituzioni dell’Unione Europa di mediare con Paesi membri – come Polonia e Ungheria – che si opponevano alla formulazione del testo originario della Direttiva UE e, dall’altro lato, nel difetto di competenza da parte dell’Unione europea in materia penale. Quest’ultima posizione, sostenuta in particolar modo da Paesi membri come la Francia e la Germania, ha portato di fatto allo stralcio definitivo della previsione normativa del reato di stupro, restituendo un testo che perde una tra le sue disposizioni più innovative e progressiste per il contrasto della violenza sessuale nei confronti delle donne.
Le modifiche apportate al testo della Direttiva costituiscono un segnale di allarme di tutta evidenza rispetto alla percezione sociale, pubblica e culturale del reato di stupro, nonché del significato che continua a non essere attribuito al consenso che, viceversa, deve essere prestato sempre e liberamente dalla vittima.
In altri termini, una modifica di tale portata potrebbe avere, sul breve e lungo periodo, un effetto di indebolimento di quella tutela dei diritti alla libertà e alla sicurezza nonché dei diritti delle donne in generale, che la ratifica della Convenzione di Istanbul aveva, a questo punto, erroneamente, rappresentato.