«[T]ra gli art. 576 c.p., comma 1, n. 5.1, e art. 612-bis c.p. sussiste un concorso apparente di norme ai sensi dell’art. 84 c.p., comma 1, e, pertanto, il delitto di atti persecutori non trova autonoma applicazione nei casi in cui l’omicidio della vittima avvenga al culmine di una serie di condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente nei confronti della medesima persona offesa». Sul tema del concorso tra l’art. 612-bis (atti persecutori) e l’art. 576 comma 1, n. 5.1. (omicidio aggravato con pena dell’ergastolo per chi compie un omicidio a seguito di atti persecutori), la Suprema Corte si è espressa negando l’autonoma applicabilità della fattispecie di atti persecutori. Pertanto, la Cassazione conferma la condanna di appello solo con riferimento all’art. 576 c.p. e, conseguentemente, annulla senza rinvio la pronuncia impugnata limitatamente al delitto di cui all’art. 612-bis c.p. Sul punto si noti che la Cassazione si è discostata da un suo precedente nel quale, invece, aveva ritenuto sussistente il concorso tra le due fattispecie in questione, dal momento che tra queste non vi è un rapporto di specialità (cfr. Cass. Pen., sez. I, 12/04/2019, n. 20786).
Autorità:
Corte di Cassazione, sez. III pen.
Data di emanazione:
13 Ott 2020
Numero:
30931/2020
Territorio:
Nazionale
Categoria:
Penale - stalking