Ad occasionare la pronuncia di condanna dell’Italia è stato il ricorso individuale presentato dalla sig.ra Elisavetta Talpis. La donna, cittadina rumena e moldava, all’epoca dei fatti risiedeva in Italia (in provincia di Udine) ed era stata vittima di ripetuti atti di violenza domestica da parte del coniuge. In particolare, a seguito di due aggressioni ravvicinate, la ricorrente sporgeva denuncia nei confronti del coniuge e solo dopo sette mesi veniva sentita dalla polizia giudiziaria. Qualche mese più tardi il coniuge compiva una terza aggressione che culminava nell’omicidio del figlio e nel tentato omicidio della ricorrente. Nel caso in questione la Corte Edu ha accertato la violazione degli artt. 2 (diritto alla vita), 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti), e 14 (principio di non discriminazione), quest’ultimo in combinato disposto con gli artt. 2 e 3. In particolare, a fronte di dati Istat e report che attestano una elevata frequenza e diffusione del fenomeno in Italia, «[s]econdo la Corte, la combinazione degli elementi sopra menzionati, dimostra che, sottovalutando, con la loro inerzia, la gravità della violenza in questione, le autorità italiane l’hanno sostanzialmente causata. La ricorrente di conseguenza è stata vittima, in quanto donna, di una discriminazione contraria all’articolo 14 della Convenzione» (parg. 45).
Autorità:
Corte EDU, sez. I
Data di emanazione:
02 Mar 2017
Numero:
41237/14
Territorio:
Corti sovranazionali
Categoria:
Corte EDU