Cass. pen., sez. II, 09/09/2021, n. 36392

La Corte di Cassazione conferma la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di  Appello di Milano nei confronti di un imputato per i delitti di maltrattamenti in famiglia e rapina con l’aggravante di aver commesso il fatto in casa. 

Il ricorrente lamentava l’insussistenza del reato ex art. 572 c.p. sostenendo una linea difensiva secondo cui gli episodi di violenza contestati sarebbero in realtà ascrivibili ad un clima di conflittualità paritetico tra i coniugi. Da rilevarsi il principio affermato dalla Corte, richiamato da una precedente sentenza, secondo cui non può ritenersi insussistente il reato di cui all’art. 572 c.p. per la mera circostanza che “vi siano sporadiche reazioni vitali ad aggressive della vittima” in un contesto comunque caratterizzato dalla sopraffazione psicologica e fisica ai danni della moglie. Né può richiedersi che “lo stato di inferiorità psicologica della vittima debba tradursi in un abbattimento completo”, ma potendo sostanziarsi anche in “un avvilimento generale a seguito delle vessazioni patite”. Inoltre viene confermata l’aggravante ex art. 61 n. 11 quinquies c.p. che conferisce maggior peso alla condotta, se questa è tenuta in presenza di minori, profilandosi in questi casi il fenomeno della c.d. violenza assistita che porta con sé gravi e pervasive conseguenze in chi la subisce.

Sempre con riferimento alla sentenza qui allegata, si segnala il rigetto della doglianza relativa al reato di rapina e sull’aggravante contestatagli di averla commessa in casa, luogo di abitazione comune dei coniugi. Per quanto riguarda la configurabilità del reato, la Corte ribadisce che non è necessario trarre un’utilità economica, ma “qualsiasi  soddisfazione o godimento derivante dall’impossessarsi con violenza o minaccia della cosa sottraendola a chi la detiene”. Con riferimento all’aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3 bis, c.p., essa “è applicabile anche quando l’autore del reato convive con la vittima”.

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