Cass. pen., sez. III, 23/11/2020, n. 2911

L’imputato ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che l’aveva condannato per diversi delitti commessi a danno della convivente. Egli, per mezzo del suo legale, deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi (ex. art. 572 c.p.) affermando che manchi la convivenza, quale elemento costitutivo della fattispecie.

La Corte annulla con rinvio la sentenza impugnata nella parte relativa all’art. 572 c.p., ritenendo che la suddetta relazione non possa definirsi convivenza. La relazione in questione, infatti, risultava instaurata da non molto tempo e la coabitazione veniva descritta dalla parte offesa come permanenza “anche per due o tre giorni consecutivi”.

La Corte ritiene che la parte offesa non abbia adeguatamente motivato l’effettiva sussistenza di un rapporto di convivenza, il quale dev’essere caratterizzato da stabilità, mutua solidarietà e doveri di reciproca assistenza morale e materiale.

La descrizione è stata redatta dalla studentessa Costanza Dal Cin.